Che bella cosa na jurnata ‘e sole,
N’aria serena doppo a na tempesta!
Pe’ ll’aria fresca pare giá na festa,
Che bella cosa na jurnata ‘e sole!

Me la cantava nell’orecchio, me la sussurava con tono dolce e allegro, ma per me era come se la stesse cantando a squarciagola. Davanti al mondo. Lo immaginavo con le braccia aperte, rivolto al sole che doveva invidiargli il suo sole privato. Ero io (e lo dico nascondendo il viso tra le mani… arrossendo un po’).

Ma lui me la cantava sottovoce, piano, piano, pecché o’ sapeva che per me l’imbarazzo era cosa privata, e l’emozione, quella che colora le gote e che fa brillare e luccicare gli occhi, quella che ferma le parole in gola prima che vane o inopportune rovinino la vita che pulsa in quel momento, quella che tutela il silenzio e lascia che siano, timidi, solo gli sguardi a svelare segreti gelosamente gelosamente nascosti… l’emozione dovevamo spartircela tutta solo noi due.

Mi prendeva la mano e cominciava a ballare sulle note che cantava. Poi io lo seguivo con i passi e con la voce. Poi mi interrompevo per sentire lui. Poi ridevamo. Sempre. Le note e le risa sullo stesso pentagramma.

Ballavamo con i piedi sulla Via Lattea, su Marte, su Giove, sul mare, sui prati, sulle cascate, in mezzo al vento, sotto le fronde dei salici. Ma forse i piedi nemmeno più li sentivamo, non sentivamo più di essere corpo, di avere un peso, di avere consistenza. Eravamo mille bolle di sapone, e poi altre mille, che scoppiavano solo quando erano troppo troppo in alto, ma bastava soffiare ancora un po’ sui nostri desideri, ed ecco ancora altre mille bolle di sapone. Ed altre mille.

Non c’era il tempo, non c’era lo spazio.

E ridevamo, ridevamo sempre. Ogni sorriso, un bacio. Ogni sguardo, diamanti purissimi si scioglievano a coprirci di luce. Avvolti in quel prezioso piacere privato, nostro soltanto soltanto nostro, con in testa le favole e l’allegria, la felicità era l’unica cosa che aveva davvero sostanza.

Ogni volta che riprendeva la mia mano, ritornavamo su questa giostra…

Ma n’atu sole
cchiù bello, oje né’,
‘o sole mio,
sta ‘nfronte a te…
‘O sole,
‘o sole mio,
sta ‘nfronte a te…
sta ‘nfronte a te!

Klee, Rising Sun


7 Risposte to “Storia di un nick (favola o realtà?)”


  1. 1 Pino 20 luglio2008 alle 7:56 PM

    ma chi è il lui in questione? (favola o realtà)?

  2. 2 osolemia 20 luglio2008 alle 8:30 PM

    nun t’o pozz’ dìcere

  3. 3 arthur 28 luglio2008 alle 5:49 PM

    Ma è poi così importante sapere chi è lui in questione, se è reale, virtuale, o chissà cosa?

    La storia è bella, e come tutte le belle storie fa un po’ sognare e allora… continuiamo a farlo, ché non costa nulla e ci fa tanto star bene, non credi?

    *** La foto dei cuccioli insegna… ***

  4. 5 osolemia 28 luglio2008 alle 9:18 PM

    Ma anche questa storia, che sembra una favola, lo è. è vera. il protagonista, se mai dovesse trovarsi a passare da questo blog, si riconoscerebbe. ma non voglio dire chi è.
    perché sapere chi è lui, come dice Arthur, non aggiunge niente alla favola né alla realtà.

  5. 6 arthur insieme a nonno Archimede e co.. 29 luglio2008 alle 3:31 PM

    Quasi dimenticavo… buon martedì!!!

  6. 7 osolemia 29 luglio2008 alle 6:22 PM

    Arthur insieme a nonno Archimede&Co., grazie! Anche se… sai il guaio? questa settimana i giorni fanno i capricci e il lunedì si è scambiato col martedì! Me ne farò una ragione 🙂


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